A una cattiva qualità dell’aria negli ambienti di lavoro indoor corrisponde un peggioramento delle condizioni psicofisiche dei lavoratori, ma non solo. La mancanza di comfort abitativo ottimale significa anche calo della produttività, a danno dell’impresa e del business.
Microclima indoor: perché preoccuparsi?
La qualità dell’aria interna è un’elemento fondamentale per definire il microclima in ambienti indoor quali uffici, call center, esercizi commerciali e altri, ovvero tutti gli ambienti di lavoro dove non avviene alcuna produzione industriale che possa giustificare la presenza di agenti o sostanze nocive.
Il Ministero della Salute definisce microclima:
” Il complesso dei parametri ambientali come temperatura, umidità relativa e velocità dell’aria che condizionano lo scambio termico tra individuo e ambiente. Insieme all’inquinamento dell’aria indoor, influisce in maniera significativa sulla qualità degli ambienti in cui si vive e si lavora e quindi sul benessere delle persone.”
Prestare attenzione alla qualità dell’aria di un ambiente di lavoro indoor è necessario poiché si tratta di ambienti confinati, frequentati ogni giorno da molte persone tra lavoratori ed eventualmente clienti, nei quali la ventilazione è esclusivamente forzata.
Principali cause di inquinamento
Negli ambienti di lavoro indoor si rileva la presenza di contaminanti fisici, chimici e biologici nell’aria, a volte con concentrazioni insospettabilmente elevate e significativamente pericolose per la salute.
La quota più rilevante dell’inquinamento viene generato all’interno degli ambienti stessi dall’uomo e dalle sue attività: fumo di sigaretta, combustione, stampanti, plotter, fotocopiatrici, prodotti per la pulizia e antiparassitari.
Inoltre l’inquinamento indoor può derivare dai materiali da costruzione (colle, adesivi, solventi, rivestimenti, mobili), dagli arredi e dai sistemi di trattamento dell’aria laddove si verifichino penetrazione di inquinanti dall’esterno, oppure condotte e i filtri non sottoposti a periodica pulizia e sanificazione, con sviluppo e diffusione di muffe e altri microrganismi.
I rischi per la salute dei lavoratori… e per la tua azienda
Noi esseri umani trascorriamo circa l’80-90% della nostra giornata all’interno di edifici, respirando in 24 ore circa 22 mila volte. Perciò la qualità dell’aria dei nostri ambienti chiusi è fondamentale per la tutela della nostra salute.
Scarsa ventilazione meccanica, alte concentrazioni di contaminanti, un tasso di umidità e una temperatura percepite al limite della sopportazione, influiscono sulle prestazioni e sul benessere fisico e mentale dei soggetti, inducendo sensazioni di discomfort fino a determinare:
- Calo della produttività
- Perdita di concentrazione
- Rallentamento dei tempi di reazione
- Diminuzione del livello di motivazione e soddisfazione
- Maggiore stress
- Più giornate di assenza
- Aumento dei costi sanitari e di assistenza a carico del lavoratore e del Servizio Sanitario Nazionale
Entrano poi in gioco fattori soggettivi, allergie e sensibilità a determinate sostanze dell’individuo, che nei casi più gravi possono portare a problemi respiratori, irritazione di cute e mucose, danni al sistema nervoso , cardiovascolare, gastrointestinale e riproduttivo, nonché infezioni da agenti biologici.
Quando il microclima è ottimale?
Appare chiaro che perseguire l’ottenimento di un atmosfera apprezzabile ha evidenti benefici non soltanto sul sistema sanitario ma anche sull’andamento economico aziendale.
L’ASHRAE (American Society of Heating, REfrigerating and Air-Conditioning Engineer) ha definito come accettabile l’aria “per la quale una sostanziale maggioranza di persone (almeno l’80%) non esprime insoddisfazione e dove la concentrazione dei contaminanti presenti è tale da non causare rischi per la salute”.
Definizione che richiama i parametri fissati dalla norma UNI 13389 del 1995, attinenti sia la sfera oggettiva (concentrazione di sostanze tossiche nell’atmosfera indoor) che quelle soggettive (livelli di benessere psicofisico).
Manca tuttavia un set di indicatori che costituisca una base valida per un generico ambiente indoor e che sia definita una procedura condivisa per la loro determinazione, così come siano individuati i valori soglia a cui far riferimento.
Si può pertanto affermare che ad oggi il legislatore abbia definito con chiarezza quale obiettivo sia chiamato a raggiungere il datore di lavoro, ovvero avere il controllo sulla qualità dell’aria indoor; tuttavia i metodi per perseguire tale obiettivo, la cui definizione è a carico della comunità scientifica, sono ancora in divenire.
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